Mozzarella: tutti i segreti per distinguere quella vera dalle imitazioni grazie alla guida di due professori

Fonte : ilfattoalimentare

Il 95% degli italiani consuma mozzarella almeno una volta al mese. Nonostante la popolarità, poche persone conoscono le diverse tecniche di lavorazione. Basta leggere le etichette per rendersi conto che solo una parte dei caseifici segue lo schema classico di lavorazione  utilizzando solo quattro ingredienti canonici: latte, fermenti, caglio e sale. Sugli scaffali del supermercato si trovano cinque o sei tipi di mozzarelle vendute a prezzi che vanno da 4 a 13 €/kg e il consumatore  fatica a comprendere le differenze. Per orientarsi conviene fare riferimento ad un test analitico messo a punto 5 anni fa da Michele Faccia, docente dell’Università di Bari, insieme ad Aldo Di Luccia, docente dell’Università di Foggia. Il sistema permette di capire se il produttore usa, al posto del latte fresco, una cagliata pronta, cioè un semilavorato ottenuto sempre da latte vaccino, ma meno costoso perché prodotto in paesi più competitivi rispetto all’Italia. Questo metodo permette di ridurre i tempi e i costi di lavorazione. “Le cagliate sono importate prevalentemente dalla Germania, dai Paesi Baltici dell’UE e dalla Polonia – spiega Faccia – dove il latte costa meno ed è ammesso l’uso del latte in polvere (più economico) e talvolta le cagliate vengono anche conservate in freezer per prolungarne la conservabilità.”

La normativa vigente purtroppo non obbliga ancora le aziende a riportare sulle etichette l’indicazione di origine delle materie prime dei formaggi e per questo motivo il ricorso alle cagliate è in costante aumento. Di seguito vi proponiamo una lista dei principali tipi di mozzarella.

 

La vera mozzarella si riconosce perché sull’etichetta compaiono solo quattro ingredienti: latte, fermenti lattici, caglio e sale

La vera mozzarella. Lo schema classico di produzione prevede l’aggiunta al latte di fermenti lattici, per creare un ambiente acido, e poi del caglio (preparato enzimatico ricavato industrialmente dallo stomaco dei ruminanti) per ottenere la cagliata. Dopo questa prima fase la cagliata  riposa per 3-4 ore lasciando il tempo ai fermenti di agire. La seconda fase prevede l’aggiunta del sale, l’impasto in acqua bollente per trasformare la cagliata in mozzarella (la “filatura”), il raffreddamento e il confezionamento. I costi di questo sistema tradizionale sono elevati: per produrre un chilo di formaggio servono 7/8 litri di latte fresco e il caseificio deve avere un sistema di raccolta e di refrigerazione.La qualità dipende dalla bontà del latte e dai fermenti che determinano aroma e sapore. Queste mozzarelle si riconoscono perché sull’etichetta compaiono solo quattro ingredienti: latte, fermenti lattici, caglio e sale. I costi di produzione oscillano da 5 a 6 €/kg che raddoppiano nel listino al dettaglio.

 

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Nella lista degli ingredienti di questa mozzarella compare l’acido lattico o citrico

La mozzarella fast. Quando nel corso della produzione i fermenti lattici vengono sostituiti con acido citrico o acido lattico tutto diventa più semplice e rapido, perché si salta la fase della fermentazione. Tuttavia, il formaggio rimane poco saporito e si cerca di rimediare con maggiori quantità di sale. In alcuni casi come quello illustrato nella fotografia si usa l’acido citrico abbinato a fermenti lattici. “Secondo noi – spiega Faccia – la metà dei produttori utilizza metodi di acidificazione mista (un mix di fermenti lattici e acido citrico/lattico) per conservare un po’ di sapore e ridurre comunque tempi e costi”. La mozzarella fast si riconosce perché nell’elenco degli ingredienti normalmente si trova anche la dicitura correttore di acidità: acido citrico e/o acido lattico. Il costo di produzione oscilla da 4 a 5 €/kg, che raddoppiano nel listino al dettaglio.

 

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La scritta “prodotto alimentare filante costituito di componenti naturali derivati del latte” indica che non si tratta di mozzarella

La mozzarella senza latte fresco. La mozzarella senza latte fresco esiste. Basta sciogliere in acqua calda la cagliata conservata (prodotta altrove 1-2 mesi prima o addirittura anni prima, se congelata), aggiungere sale, filare l’impasto e infine raffreddare e confezionare. Il sistema è molto rapido, non serve avere serbatoi refrigerati per il latte (liquido) e i costi di produzione oscillano da 2,5 a 3,5 €/kg, che raddoppiano nel listino al dettaglio. Il sapore è decisamente povero, il prodotto non ha il sapore tipico di fresco, il colore può tendere maggiormente al giallo (anche se questo non è di per sé un aspetto negativo), la struttura è meno “succosa” e, se si usa cagliata conservata da molto tempo, il prodotto “sa di formaggio” e non di latte fresco. Sull’etichetta dovrebbero essere indicati i seguenti ingredienti: cagliata, acqua, sale, seguiti dagli additivi: acido citrico, lattico e, a volte, sorbato di potassio. Tuttavia, poiché la legge non obbliga a  riportare il termine “cagliata”, raramente viene dichiarato in etichetta (vedi foto a lato).

 

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Anche qui, la confezione riporta “specialità alimentare a base di formaggio fuso” (clicca per ingrandire)

La mozzarella pizzeria. La famosa mozzarella a forma di parallelepipedo (tipo americana) utilizzata da quasi tutti i pizzaioli, di solito è ottenuta con cagliate conservate, miscelate con proteine del latte in polvere ed in alcuni casi una parte di formaggio fuso. La scelta di questi ingredienti permette di ridurre i costi e di conferire al prodotto ottime proprietà di filatura. Quando la temperatura sulla superficie della pizza scende sotto i 50°C, il formaggio preparato con questi ingredienti fila ancora e questo aspetto è molto apprezzato dai clienti.  La mozzarella vera purtroppo  man mano che la pizza si raffredda non fila e questo non piace molto ai clienti. Per evitare problemi di tipo legale, sulle confezioni non compare la parola mozzarella, ma  denominazioni di fantasia come “pizzetto”, “pizzottelo”, “pizza fast”, “pronto pizza”… Attenzione però: non sempre la forma rettangolare equivale a finte mozzarelle, ci sono marchi famosi che propongono vera mozzarella a forma di parallelepipedo.

 

Di fronte a tanta confusione – conclude Faccia – bisogna ridefinire le categorie merceologiche (come è avvenuto per il latte pastorizzato con le Legge 169/89), e fare capire alla gente che la mozzarella vera si fa in un solo modo: a partire da latte fresco. Gli altri tipi di formaggio a pasta filata, che costano meno e rappresentano un grossa fetta del mercato, devono riportare indicazioni chiare in etichetta in modo da evidenziare subito la natura del prodotto. Occorre  aggiungere che, in seguito alla liberalizzazione del latte in polvere in Europa a breve sarà operativa anche in Italia, bisognerà affrontare il problema dell’indicazione in etichetta anche di questo ingrediente”.