Mastiti: aspetti gestionali

Fonte   :     www.ruminantia.it

 

In questa particolare fase storica dell’allevamento della bovina da latte, il reddito aziendale è notevolmente ridotto ed il costo della mastite contribuisce in maniera significativa a ridurre tale reddito. Come riportato da alcuni Autori e verificato anche durante la nostra attività di assistenza tecnica alle produzioni primarie, ad oggi le terapie della mastite sono gestite nella maggior parte dei casi dall’allevatore.

Obiettivo di questa breve relazione è quello di sensibilizzare gli allevatori nel coinvolgere maggiormente i medici veterinari aziendali nella gestione della sanità della mammella, attraverso la stesura di protocolli d’intervento basati su una raccolta preliminare di dati aziendali (storico aziendale relativo alla sanità della mammella).

I fattori di criticità che frequentemente riscontriamo in stalla nella gestione della mastite sono:

  • scarsa formazione del personale
  • terapia antibiotica effettuata senza il supporto di una diagnosi eziologica con conseguente assenza di test di sensibilità agli antibiotici (antibiogramma)
  • protocolli terapeutici spesso non idonei
  • mancata verifica batteriologica degli esiti della terapia (guarigione batteriologica)
  • mancata o non idonea registrazione ed elaborazione dei dati

La gestione efficace della mastite si basa dunque su:

1) definizione del grado di gravità della mastite

2) campionamento del caso clinico per conoscerne l’agente eziologico e l’antibiogramma

3) utilizzo di protocolli terapeutici predefiniti dal Veterinario aziendale

4) verifica della guarigione clinica e batteriologica

5) registrazione accurata di tutti i punti precedenti

La classificazione clinica più semplice che permette di stabilire il grado di gravità della mastite, descritta da diversi Autori, prevede tre livelli di gravità: lieve, moderata e grave. La gravità “lieve” è caratterizzata dalla presenza di alterazioni del latte e assenza di sintomi a livello locale e generale; la gravità “moderata” è caratterizzata dalla presenza di alterazioni del latte e della mammella e assenza di sintomi generali;  la gravità “grave” presenta alterazioni sia a livello locale che la comparsa di uno o più sintomi a livello generale (febbre, calo della produzione, anoressia, blocco della ruminazione, depressione del sensorio,  ecc.). Aspetto di fondamentale importanza è che qualunque sia la classificazione adottata, questa deve essere la più oggettiva possibile, facile da attuare e ripetibile tra i diversi addetti. Non trascurabile diventa pertanto la formazione periodica delle figure che operano nella gestione della sanità della mammella.

Classificare la gravità della mastite, permette di attuare in maniera sistemica protocolli terapeutici predefiniti dal Medico Veterinario a seconda della gravità del caso clinico e sulla base dello storico aziendale relativo alla sanità della mammella. Prima di qualsiasi trattamento è estremamente importante effettuare il campionamento della mastite per conoscerne l’agente eziologico e la sensibilità agli antibiotici. Tale azione permette di incrementare i dati aziendali relativi alla sanità della mammella e apportare modifiche al piano terapeutico in caso di insuccesso dell’antibiotico usato in prima istanza.

È fondamentale poi implementare i dati analitici anche con i campioni di latte provenienti da bovine alla messa in asciutta e post partum, da soggetti con elevati valori di cellule somatiche ai controlli funzionali (CCFF) o di esito positivo al California Mastitis Test (CMT), da animali introdotti in azienda; in aggiunta anche con campioni di massa per la ricerca mirata di agenti mastidogeni contagiosi e Prototheca spp.. Inoltre il campione deve essere effettuato dopo il trattamento antibiotico ed al termine del tempo di sospensione dello stesso, al fine di verificare la guarigione batteriologica. Infatti in molti casi alla guarigione clinica (remissione dei sintomi) non corrisponde una guarigione batteriologica (assenza del patogeno) e ciò può spiegare gli eventi di recidiva.

Quanto sopra permette nel tempo di ottenere uno “storico aziendale” relativo alla sanità della mammella, costituito dall’insieme della raccolta dei dati relativi a bovine in lattazione (data evento mastite; matricola; quarto mammario coinvolto; giorni di lattazione; ecc.), esami di laboratorio (diagnosi eziologica e antibiogramma), terapie adottate (farmaco e numero di somministrazioni), esiti della terapia (guarigione clinica e batteriologica). Tutto ciò con lo scopo di elaborare protocolli terapeutici predefiniti ed agevolare il Veterinario nella diagnosi presunta dell’agente mastidogeno, individuare gli animali cronici, verificare l’efficacia della terapia, fornire indicazioni utili per i trattamenti in lattazione e nella fase di asciutta, orientare il management attraverso l’identificazione e la correzione dei punti critici.

Concludendo possiamo dire che il trattamento, pur rimanendo un aspetto importante nel controllo della mastite, diventa più efficace se associato a protocolli di intervento scritti e basati su: diagnosi clinica precoce, identificazione presunta o accertata dell’agente eziologico, uso di antibiotici per una durata appropriata per il patogeno in questione/atteso. L’utilizzo di protocolli sviluppati su una raccolta di dati aziendali migliora i risultati del trattamento della mastite, evita in molti casi l’utilizzo indiscriminato, e spesso  inutile (vedi animali cronici), di antibiotici e genera evidenza documentale utile in corso di valutazione del benessere animale e verifica del rispetto dei principi di razionalità e prudenza del farmaco ad opera dell’Autorità veterinaria competente.

Bibliografia disponibile presso l’autore

Riguardo l’autore: Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana Email:daniele.sagrafoli@izslt.it